Il 2023 è un anno ricco di novità sul fronte delle pensioni, che riguardano sia i pensionati che già percepiscono da tempo il loro assegno, sia coloro che matureranno i requisiti per la pensione di vecchiaia (o quelli per la pensione anticipata) nel 2023 e nel 2024.
Nell’articolo partiremo con l’analisi di Quota 103, che va a sostituire le vecchie Quota 102 e Quota 100, applicate nel biennio precedente, scoprendo che comporta un innalzamento dei requisiti per il pensionamento anticipato e l’introduzione di limiti all’importo dell’assegno pensionistico e al cumulo con redditi da lavoro.
Passeremo, poi, a Opzione donna, confermata seppur con l’introduzione di limitazioni sulle aventi diritto e sui requisiti richiesti, adesso vincolati al numero dei figli della richiedente.
Analizzeremo, inoltre, tre elementi fondamentali per il calcolo dell’assegno pensionistico, che portano a una serie di aumenti degli importi percepiti:
- indicizzazione delle pensioni;
- assegno minimo;
- coefficienti di trasformazione.
Infine, scopriremo in che modo l’adesione a un fondo pensione negoziale come Telemaco può sostenere il lavoratore nella gestione delle incertezze derivanti da un sistema pensionistico pubblico in continuo mutamento.
Pensioni 2023: in anticipo con Quota 103
La Legge di Bilancio 2023 ha introdotto Quota 103, che va a sostituire Quota 102 (opportunità di anticipo pensionistico in vigore nel 2022).
Quota 103 potrà essere utilizzata per tutto il 2023 e riguarda i lavoratori che maturano entrambi i seguenti requisiti:
- 62 anni di età;
- 41 anni di contributi.
Chi raggiungerà tali requisiti entro il 31 dicembre 2023 potrà esercitare il diritto ad andare in pensione con Quota 103, anche in un momento successivo a questa scadenza.
Questo provvedimento consente, a chi possiede i requisiti per accedervi, di anticipare il momento del pensionamento di cinque anni al massimo, dal momento che nel 2023 il requisito anagrafico per la pensione di vecchiaia è fissato a 67 anni.
Occorre tuttavia considerare che chi deciderà di accedere a Quota 103 avrà il divieto di cumulo di reddito da pensione e reddito da lavoro; dunque, i pensionati con Quota 103 non potranno lavorare fino al raggiungimento dell’età per la pensione di vecchiaia, cioè 67 anni.
L’unico reddito da lavoro che resta cumulabile è quello derivante dalle prestazioni occasionali, per un importo lordo annuo che non superi i 5.000 euro totali.
C’è un limite legato poi all’importo dell’assegno pensionistico: con Quota 103 la pensione non potrà superare un importo pari a 5 volte la pensione minima, con un limite massimo pari a 36.643 euro l’anno, circa 2.818 euro lordi al mese, tredicesima compresa.
Questo limite, però, decade a partire dal compimento dei 67 anni. Da quel momento in poi, quindi, se l’importo della pensione dovesse risultare superiore alla soglia imposta, esso verrà corrisposto per intero.
Il provvedimento riguarderebbe, secondo le stime, circa 50.000 lavoratori, che nel corso del 2023 dovrebbero raggiungere i due requisiti minimi per l’accesso al pensionamento anticipato.
Leggi anche il nostro approfondimento Quota 103: cosa prevede il nuovo anticipo pensionistico
Opzione donna
Opzione donna, ovvero il pensionamento anticipato riservato alle lavoratrici, è stata confermata per tutto il 2023, ma con delle importanti limitazioni che ne riducono la portata.
Nel dettaglio, a partire dal 2023 potranno accedere a questa uscita dal lavoro anticipata soltanto le seguenti categorie di lavoratrici del settore pubblico o privato:
- caregiver: donne che svolgono da almeno sei mesi assistenza al coniuge, o a un parente convivente, affetto da patologie invalidanti;
- disabili con invalidità uguale o superiore al 74%;
- lavoratrici licenziate o dipendenti di aziende per le quali è attivo un tavolo di crisi.
Per andare in pensione con Opzione donna, inoltre, occorre rispettare i seguenti requisiti:
- anzianità contributiva pari ad almeno 35 anni;
- 60 anni di età per le lavoratrici senza figli;
- 59 anni per chi ha un figlio;
- 58 anni per chi ha due o più figli;
- 58 anni, indipendentemente dalla presenza o meno di figli, per le dipendenti di aziende in crisi.
Adeguamento delle pensioni all’inflazione
Il 2023 segna anche un adeguamento degli assegni all’inflazione, ma non per tutti è previsto un incremento pieno. Il Ministro dell’Economia e delle Finanze ha fissato la rivalutazione delle pensioni al 7,3%, sulla base del dato ISTAT fornito il 3 novembre 2022.
Per tutelare i pensionati dall’aumento dei prezzi al consumo, dunque dall’inflazione, per le pensioni pubbliche è previsto un meccanismo definito perequazione automatica.
La perequazione, o indicizzazione delle pensioni, indica il meccanismo della rivalutazione degli assegni pensionistici eseguita in base a indicatori di riferimento individuati periodicamente dall’ISTAT.
La Legge di Bilancio 2023 ha fissato un nuovo meccanismo di rivalutazione delle pensioni, per il biennio 23/24, che prevede una indicizzazione piena per gli assegni di importo inferiore a 4 volte il minimo e riduce in maniera progressiva l’adeguamento all’inflazione di tutte le pensioni di importo superiore.
L’INPS, con la Circolare numero 20 del 10 febbraio 2023, ha poi aggiornato le percentuali di indicizzazione per gli importi superiori a 4 volte il minimo.
Nel dettaglio, l’indicizzazione viene calcolata come segue:
- 100% dell’inflazione per le pensioni fino a 4 volte il minimo (fissato per il 2023 a 570 euro al mese);
- 85% per gli importi compresi tra 4 e 5 volte il minimo;
- 53% per gli importi compresi tra 5 e 6 volte il minimo;
- 47% per gli importi compresi tra 6 e 8 volte il minimo;
- 37% per gli importi compresi tra 8 e 10 volte il minimo;
- 32% per gli importi superiori di 10 volte il minimo.
Leggi anche il nostro approfondimento Come cambia l’indicizzazione delle pensioni per il biennio 23/24
Aumento delle pensioni minime
Nel 2023 è stato previsto un incremento per le pensioni di importo pari o inferiore al trattamento minimo, in via transitoria, pari all’1,5% per il 2023 e al 2,7% per il 2024. Dunque, la pensione minima fissata per il 2023 è pari a 570 euro, ovvero 524,34 euro più l’8,8%, derivante dall’aumento del 7,3% dell’inflazione più l’incremento transitorio dell’1,5%.
Inoltre, per tutti i pensionati over 75 che ricevono una pensione inferiore o pari al minimo, l’assegno viene portato direttamente a 600 euro.
Ricapitolando, gli incrementi eccezionali, previsti per potenziare il contrasto degli effetti dell’inflazione per i soggetti finanziariamente più fragili, sono i seguenti:
- per il 2023, un aumento dell’1,5% per chi percepisce la pensione minima, innalzato al 6,4% per i soggetti di età pari o superiore a 75 anni;
- per il 2024, un aumento del 2,7% per i beneficiari delle pensioni minime.
Coefficienti di trasformazione
Novità arrivano anche sul fronte dei coefficienti di trasformazione, elementi necessari per il calcolo dell’assegno pensionistico al momento del congedo dal lavoro.
Giunto il momento del pensionamento, infatti, occorre determinare l’importo del montante contributivo, cioè la somma dei contributi versati dalla prima assunzione al pensionamento.
Una volta determinato questo importo, a esso si applicano i coefficienti di trasformazione, che consentono di ottenere l’importo della pensione annua.
Non esiste un coefficiente di trasformazione uguale per tutti, ma una serie di indicatori che dipendono dall’età anagrafica alla quale il lavoratore va in pensione.
Questi parametri subiscono una revisione biennale, dunque il 1° dicembre 2022 il decreto del Ministero del lavoro ha definito per il biennio 2023/2024 un incremento rispetto al 2021/2022. Esso comporta una crescita degli assegni pensionistici per chi si congeda dal lavoro e va in pensione con il calcolo contributivo.
Come detto, i coefficienti cambiano a seconda dell’età del pensionando. In particolare, l’incremento dei nuovi parametri va dallo 0,084% per chi ha 57 anni, con il coefficiente che passa dal 4,186% al 4,270%, fino allo 0,45% per chi va in pensione a 70 anni, con il passaggio dal 6,215 % al 6,665 %.
I vantaggi dell’adesione al fondo pensione
Nuovi vincoli economici a seconda dei redditi e limiti al pensionamento anticipato e agli assegni pensionistici aprono una doverosa riflessione circa l’opportunità di pensare a una possibile integrazione della pensione pubblica, aderendo a un fondo pensione negoziale come Telemaco.
Di seguito elenchiamo i principali vantaggi riservati agli iscritti a un fondo negoziale come Telemaco:
- costruzione della propria pensione integrativa rispetto a quella pubblica;
- fiscalità agevolata nelle tre fasi di contribuzione, gestione e prestazione;
- possibilità di conferire il proprio TFR al fondo pensione;
- possibilità di ottenere il contributo aggiuntivo a carico del datore di lavoro, a fronte del versamento di un contributo del lavoratore oltre il TFR, pari all’1,4% a partire da dicembre 2022;
- costi contenuti, dal momento che i fondi pensione non hanno scopo di lucro e operano nell’interesse dei soggetti aderenti;
- possibilità di richiedere anticipazioni per acquisto o ristrutturazione della prima casa per sé o i figli, per spese sanitarie o per ulteriori esigenze.
Chi aderisce a un fondo pensione può inoltre contare su un’opportunità in più: parliamo della RITA, la Rendita Integrativa Temporanea Anticipata.
La RITA rappresenta l’opportunità, per chi ha perso il lavoro in prossimità della pensione, di richiedere in anticipo il capitale accumulato presso il fondo pensione, in tutto o in parte, sotto forma di rendita.
L’adesione al fondo pensione, dunque, offre numerosi vantaggi e protezioni aggiuntive ai futuri pensionati, in modo da tutelare nel migliore dei modi possibili il proprio tenore di vita nel delicato passaggio dal lavoro alla pensione.
Leggi anche il nostro approfondimento Cos’è la Rendita integrativa temporanea anticipata (RITA)
*Messaggio promozionale riguardante forme pensionistiche complementari – prima dell’adesione leggere la Parte I ‘Le informazioni chiave per l’aderente’ e l’Appendice ‘Informativa sulla sostenibilità’, della Nota informativa.