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Come cambia l’indicizzazione delle pensioni per il biennio 23/24

Come cambia l’indicizzazione delle pensioni per il biennio 23_24

Come cambia l’indicizzazione delle pensioni per il biennio 23/24

Il Ministro dell’Economia e delle Finanze ha fissato al 7,3% la rivalutazione delle pensioni, sulla base del dato ISTAT fornito il 3 novembre 2022. 

Questo aumento, però, non sarà pieno per tutti gli assegni pensionistici, perché l’indicizzazione delle pensioni per il biennio 23/24 prevede un nuovo meccanismo di calcolo che privilegia gli assegni più bassi, mentre per quelli più elevati è prevista un’indicizzazione parziale.

In questo articolo vedremo nel dettaglio cos’è l’indicizzazione delle pensioni, quali sono le novità previste dalla Legge di Bilancio 2023 e come funziona il nuovo meccanismo di rivalutazione a partire dal 2023.

Cos’è l’indicizzazione delle pensioni?

Per tutelare i pensionati dall’aumento dei prezzi al consumo, dunque dall’inflazione, per le pensioni pubbliche è previsto un meccanismo definito perequazione automatica.

La perequazione, o indicizzazione delle pensioni, indica il meccanismo della rivalutazione degli assegni pensionistici eseguita in base a indicatori di riferimento individuati periodicamente dall’ISTAT.

Dal momento che non è possibile chiedere un aumento per la propria pensione, è stato ideato un sistema che consenta di rispondere all’aumento del costo della vita e, dunque, alla perdita di potere d’acquisto dei pensionati.

Questo sistema è cambiato nel corso degli anni e, come vedremo, ha subito una modifica anche per il biennio 2023/2024; in via generale, esso prevede l’indicizzazione al 100% per le pensioni più basse e una rivalutazione parziale per quelle d’importo superiore.

Leggi anche il nostro articolo Che cos’è la perequazione delle pensioni?

Indicizzazione delle pensioni e Legge di Bilancio 2023

Fino a tutto il 2022, lo schema di calcolo dell’indicizzazione delle pensioni prevede una rivalutazione al 100% dell’inflazione secondo il seguente schema progressivo: 

  • per le pensioni di importo fino a 4 volte il trattamento minimo INPS (la pensione minima del 2022 è pari a 524,34 euro al mese), al 100%;
  • per le pensioni comprese tra 4 e 5 volte il minimo, al 90% dell’inflazione
  • per gli assegni di oltre 5 volte il minimo, al 75% dell’inflazione. 

Il testo della Legge di Bilancio 2023, bollinato dalla Ragioneria Generale dello Stato il 29 novembre 2022, ha fissato un nuovo meccanismo di rivalutazione per il biennio 23/24, che prevede ancora una indicizzazione piena per gli assegni di importo inferiore a 4 volte il minimo e riduce in maniera progressiva l’adeguamento all’inflazione di tutte le pensioni di importo superiore.

Prima di vedere nel dettaglio il nuovo meccanismo, ricordiamo che il Ministro dell’Economia e delle Finanze, con decreto del 9 novembre 2022, ha disposto, a partire dal 1° gennaio 2023, un adeguamento delle pensioni pari al 7,3%, sulla base del dato relativo all’inflazione comunicato dall’ISTAT il 3 novembre 2022

Come funziona l’indicizzazione delle pensioni dal 2023?

Partiamo dalle pensioni di importo pari o inferiore al trattamento minimo, per le quali è previsto un ulteriore incremento, in via transitoria, pari all’1,5% per il 2023 e al 2,7% per il 2024. Dunque, la pensione minima fissata per il 2023 è pari a 570 euro, cioè 524,34 euro a cui si aggiunge l’8,8%, derivante dall’aumento del 7,3% dell’inflazione più l’incremento transitorio dell’1,5%.

Stabilito l’importo del trattamento minimo, vediamo come verrà modulata la rivalutazione delle pensioni di importo superiore al minimo, in base a quanto previsto dalla Circolare INPS numero 20 del 10 febbraio 2023:

  • 100% dell’inflazione per le pensioni fino a 4 volte il minimo;
  • 85% per gli importi compresi tra 4 e 5 volte il minimo;
  • 53% per gli importi compresi tra 5 e 6 volte il minimo;
  • 47% per gli importi compresi tra 6 e 8 volte il minimo;
  • 37% per gli importi compresi tra 8 e 10 volte il minimo;
  • 32% per gli importi superiori di 10 volte il minimo.

Dunque, rispetto al 2022 la rivalutazione si comprime notevolmente e gradualmente, a partire da chi percepisce una pensione già superiore di 4 volte il minimo

Basti pensare al secondo scaglione (quello relativo agli importi compresi tra 4 e 5 volte il minimo), che passa dal 90% all’85%, e a quelli che superano di 5 volte il minimo, che passano dal 75% a una rivalutazione massima del 53%, che si riduce fino al 32%.

Decreto Aiuti bis e anticipo indicizzazione 

In conclusione, è bene ricordare anche che il Decreto Aiuti bis del 9 agosto 2022 ha disposto un anticipo dell’indicizzazione delle pensioni, per venire immediatamente incontro alle difficoltà causate dalla crescita dell’inflazione già nel 2022.

Sono state infatti previste due misure:

  • una rivalutazione dello 0,2%, a recupero dell’inflazione 2021, che riguarda tutti i pensionati; 
  • un ulteriore aumento del 2% per gli ultimi tre mesi del 2022, che riguarda soltanto le pensioni con assegni di importo inferiore a 2.692 euro lordi mensili. 

Queste misure rappresentano di fatto degli anticipi sulle rivalutazioni del 2023 e, dunque, verranno decurtati dalle pensioni future, determinate con lo schema illustrato nel paragrafo precedente. 

In sostanza, gli aumenti stabiliti nel Decreto Aiuti bis sono riconosciuti a titolo di anticipo degli aumenti stabiliti per il 2023.

Ricapitolando, dunque, a fronte di un’inflazione elevata, il Governo ha disposto un anticipo di indicizzazione per gli assegni più bassi e poi ha definito gli aumenti per il 2023

La modifica del meccanismo, così come illustrata, persegue un duplice obiettivo: sostenere le pensioni ridotte con un adeguamento pieno all’inflazione e contenere la spesa per gli adeguamenti limitandone fortemente la portata per gli assegni più elevati.

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